Torino: Processo per l’occupazione dell’ex cine Zeta |
Il 16 settembre seconda e - forse - ultima udienza del processo per l’occupazione dell’ex Cinema Zeta. Alla sbarra quattro anarchici accusati di “invasione di edificio” e danneggiamenti. Il PM, manco a dirlo è Antonio Rinaudo, noto cacciatore di anarchici.
Giovedì 15 settembre dalle 17 alle 20 punto info solidale in via Po 16
Venerdì 16 settembre ore 9 processo in aula 56 ingresso 22 del tribunale di Torino corso Vittorio Emanuele 130
Facciamo un passo indietro. Era il 10 dicembre del 2009: alle sei del mattino, l’ora degli sgomberi, Digos e agenti in assetto antisommossa buttano giù la porta di Cà Neira, lo stabile di via Zandonai occupato domenica 6 dicembre dalla FAI torinese.
Nel pomeriggio, in risposta allo sgombero del mattino, viene occupato l’ex cinema Zeta di via Colleasca, Cà Neira 2. Dopo un piao d’ore la polizia interviene in forze con digos e celere in tenuta antisommossa: in quaranta contro quattro compagni, mentre all’esterno si raccolgono numerosi solidali. Danneggiando gravemente la saracinesca di ingresso, la polizia fa immediatamente irruzione. Tre compagni vengono tirati giù dal tetto, poi tocca ad una compagna, che si era incatenata ad una finestra. I quattro compagni vengono fermati, perquisiti, portati in questura.
Non si può dire che non ce lo aspettassimo. Media e politici hanno provato a creare allarme sociale intorno all’occupazione di via Zandonai. Nonostante gli articoli infuocati dei maggiori quotidiani molti abitanti del quartiere ci avevano mostrato solidarietà e simpatia, in qualche caso condivisione. Per tanti era una vergogna che il prefabbricato di via Zandonai fosse abbandonato al degrado e all’incuria. Hanno quindi apprezzato che qualcuno, rimboccandosi le maniche, avesse cominciato a ristrutturando per renderlo agibile.
A Cà Neira 2, ex cinema porno chiuso da lunghi anni, per la prima volta a Torino la questura ha mandato la celere in assetto antisommossa a sgomberare un posto occupato da poco più di un'ora e mezza. È probabile che la scelta di occupare un altro edificio lo stesso giorno dello sgombero del primo li abbia innervositi un po'.
Dopo due anni il processo contro quattro nostri compagni entra nel vivo. La repressione, lo dimostra l’accanimento della Procura contro la resistenza No Tav, è la risposta alle lotte sociali. La città/vetrina di Chiamparino e Fassino non basta a far dimenticare che troppi non ce la fanno ad arrivare a fine mese. Chi pratica il riutilizzo degli spazi abbandonati, chi si riprende una casa per abitarci, chi ristruttura un capannone per farci attività sociali fuori dall’orizzonte della merce mostra a tutti che un diverso modello di relazioni politiche e sociali è possibile. Due anni fa la dialettica politica tra governo e opposizione si articolava sulle occupazioni, autentica spina nel fianco della Torino “always on move”.
Destra e sinistra unite per cancellare posti e case occupate, perché, non a torto, li considerano luoghi dove si praticano la sovversione sociale e la solidarietà con gli ultimi. Questi posti danno fastidio perché la maschera di belletto, che si vuole continuare a dare alla città, non può nascondere la realtà: una città dove migliaia di persone rischiano di restare senza casa, perché non ce la fanno a pagare il fitto o il mutuo. La gente viene gettata in strada mentre oltre 150.000 appartamenti sono vuoti.
La crisi economica scava un solco sempre più profondo tra la città dei ricchi, circa il 20% della popolazione, e tutti gli altri. Il lavoro è sempre più “precario”, i servizi un lusso per chi li può pagare, il futuro una roulette russa, mentre il modello, un modello che ingoia se stesso è sempre quello iperconsumistico della città vetrina, dove i più sono mere comparse del consumo come evento e degli “spettacoli” sempre nuovi messi in cantiere.
Le occupazioni fanno bene al corpo della città: con esse vengono proposti spazi liberati da ogni sfruttamento, gerarchia, consumismo. A Torino tra militari nelle strade, check point razzisti e morti sul lavoro, la scommessa è sempre la stessa. Costruire, con pazienza, una trama di relazioni solidali, che attraversino le nostre periferie, azzannate dalla crisi e stritolate dalla guerra tra poveri, perché l’opposizione sociale si radichi e si radicalizzi, non in occasionali fiammate, ma nella quotidianità di un conflitto che ri-ponga al centro la questione sociale.
Le case occupate sono esempi concreti che dicono quanto nudo sia il re: per questo danno tanto fastidio ed è per questo che è importante liberare altri posti ed offrirli come occasione a tutti coloro che ci vivono intorno: a coloro che hanno un lavoro precario o non ce l’hanno; a chi non riesce a mandare i figli all’asilo; a chi non riesce ad arrivare a fine mese; a tutti coloro che pensano che questa città non sia un teatrino “sempre in movimento”, luccicante e artificiale, ma il posto dove vivere la propria vita diffondendo il virus invincibile della libertà.
Per info e contatti: Federazione Anarchica Torino Corso Palermo 46 – ogni giovedì dalle 21 338 6594361 fai_to@inrete.it
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