Torino - Lo sgombero del Palazzo occupato |
Dai giornali enormi quantità di informazioni, tutto tranne che la verità. E allora di menzogne raccontiamo anche le nostre, ma che siano le più meschine e le più violente, così che quando le loro si frantumeranno non resterà che un'unica sola verità: il nostro bisogno di non rimanere soli.
Durante l’occupazione e il primo giorno di resistenza sul tetto abbiamo conosciuto una piazza generosa, disponibile, incuriosita dalla nostra presenza e dallo sciogliersi di tutti quei clichè generati da anni di bugie sul nostro conto.
Colazioni, merende, pranzi e cene, non un pasto senza che ci venisse regalato qualcosa. Dalle bancarelle brioches, verdura, legumi. Di tutto. Merce liberata e consumata in un progetto collettivo. Uno spazio nuovo per il quartiere.
Siamo stati oggetto dei commenti più curiosi: “Abbiamo sempre pensato che voi foste la merda di questa società e ora scopriamo chi siete, per cosa lottate, ragazzi… non ce la farete mai, ma continuate così! Siete grandi.”
È con la vostra forza e con il vostro sostegno che abbiamo resistito sul tetto. Tutto è venuto da voi, l’energia, lo spirito e la rabbia. A vostra disposizione i nostri corpi sul tetto e la nostra fedina penale.
Durante la notte il presidio dei solidali si è trasformato in festa, poi i festanti hanno cominciato a radunarsi davanti al cordone di polizia che presidiava la porta di ingresso del palazzo.
Il primo duro colpo. Tre camionette della polizia arrivano a gran velocità. Gli sbirri scendono e cominciano a picchiare alla cieca, senza preavviso e senza una causa scatenante se non la volontà di intimidire persone indisponibili ad eseguire degli ordini. Le persone picchiate e inseguite per tutta la città, fino a Vanchiglia, fino a via Po. Un ragazzo è stato seguito fino a casa e trascinato via per i capelli con la porta sfondata. Qualcuno doveva pagare tutta quella mancanza di rispetto per l’autorità. Il copione è il solito, chi viene picchiato poi viene anche denunciato, di modo che la responsabilità sembri sua e non dei suoi carnefici. In strada più nessuno. Sul tetto abbiamo cominciato ad avere paura che venissero a tirarci giù con la forza ma sembra che i pompieri non volessero prendersi questa responsabilità.
La mattina il disastro, la macchina poliziesca entra nuovamente in azione. Il mercato deve ricominciare e allora è di nuovo il momento di bloccare la strada. Perché è così che la polizia ha deciso di gestire lo sgombero e così sono riusciti a fregarci. Troppa gente si stava accorgendo che il problema erano loro e non noi e così hanno bloccato il mercato consapevoli che sarebbe stato facile convogliare la rabbia dei negozianti contro di noi, accusandoci di un blocco che altro non era che il frutto di una consapevole gestione della piazza da parte delle forze dell’ordine.
Così un gruppo di uomini in divisa, questa volta in camice bianco da macellai, si sono presentati sotto di noi. Insulti, minacce, urla di odio. Alcuni di loro gridavano che avrebbero voluto ucciderci e molti probabilmente lo avrebbero fatto davvero. Ci siamo consultati un momento: “non saranno cinquanta reazionari a tirarci giù, resistiamo!”.
Ma poi è successo qualcosa che ci ha costretti a cambiare idea. Incitati dagli sbirri, alcuni estremisti hanno cominciato a inveire violentemente contro i nostri compagni sotto, la polizia intanto infieriva con il manganello e li portava in caserma, uno ad uno. Di nuovo pestaggi, chi è stato in caserma ci ha raccontato di urla, ragazzi che vomitavano e alpini impegnati a spaccare teste. Sangue.
Lo sgombero è riuscito non perché Porta Palazzo ci ha cacciato ma perche cinquanta negozianti in accordo con la polizia hanno sfoderato tutto il loro disprezzo per le nostre vite. È questa l’unica sconfitta, la loro.
La polizia ha usato le armi che utilizza di solito per cercare di ridurci al silenzio: la cieca violenza e il bieco ricatto. Ma quello che abbiamo imparato in questo giorno di resistenza è che queste da sole non sarebbero bastate a fermarci, abbiamo avuto la conferma che alla base del loro potere e autorità deve esserci la connivenza e l’obbedienza della popolazione.
Per chi è disposto a privilegiare la sicurezza del suo danaro alle nostre esistenze scagliate da sempre contro ciò che ci degrada, a chi preferisce continuare a coccolare le sue merci piuttosto che i corpi massacrati dalle guardie diciamo semplicemente che non si può sperare di rimanere per sempre al riparo dalla tempesta.
Nessuna pace per i nostri nemici!
Alcuni degli occupanti del Palazzo