Milano - La città vista da un tetto


La città vista da un tetto

Giorno uno

La città vista da un tetto è piena di polizia. Li vedo per strada: fanno checkpoint ad ogni acccesso al quartiere, chiedono i documenti ai passanti. I loro colleghi invece stanno perquisendo le nostre stanze, dopo aver divelto il cancello della bottiglieria con una ruspa. Pensavano di prenderci tutti, ma sette di noi sono riusciti a raggiungere il tetto. Da qui vediamo lunghi e tristi codazzi di camionette arrivare in rinforzo da Genova e Mestre, vediamo i reparti mobili che si spostano da Porta Genova alla Statale, e poi veloci tornano indietro, inseguendo un qualcosa che appare qua e là ma stenta a prendere corpo. Un qualcosa di indefinibile e di poco afferrabile. Gli sbirri ci dicono che non sta succedendo niente, ma in fondo sappiamo che non è così.

La notte sarà lunga, ma non saremo soli ad affrontarla. Si canta insieme, chi dalla strada, chi dal tetto.

Giorno due

La città vista da un tetto appare contradditoria. Un vicino sale sul tetto di casa sua, si sbraccia, ci saluta, ci incoraggia; il suo vicino invita gli sbirri in casa, e permette di scattare fotografie. Alcuni trattano per il passaggio di coperte, altri sfidano le altezze e lanciano viveri dai tetti. Alcuni abitanti hanno firmato petizioni contro un’occupazione abusiva che “fa scendere il valore degli immobili”, altri appendono striscioni di solidarietà al balcone e portano caffè caldo e biscotti ai nostri amici qua sotto. Mai come oggi ci è chiaro come il concetto di gente o di quartiere siano luoghi comuni distanti dalla realtà. Il mondo intorno a noi è molto più variegato e interessante di quanto spesso ci aspettiamo, per il semplice motivo che è fatto di individui.

Giorno tre

La città vista da un tetto oggi ha tutta un’altra faccia. 72 ore, per le strade e sui tetti, chi senza dormire, chi senza mangiare. Cortei che si formano e si sciolgono con brevi preavvisi. Strade che si bloccano, bruciano dei copertoni, una macchina si ribalta, una campana dei rifiuti la segue e s’infiamma. Bivacchi rumorosi e notturni tengono svegli i celerini tutta notte, finte trattative allentano il controllo quando ce ne è bisogno. E’ stato un continuo e confuso incontro di affetti che si organizzano per strada e tentano di raccogliere le forze necessarie a resistere. Ora siamo pronti.

Giorno quattro

La città vista da un tetto è piena di spazi vuoti.Decine e decine di grandi e piccoli edifici vuoti e abbandonati: bottiglierie, officine, caseggiati popolari, case di ringhiera, cascine, stamperie. Pezzi interi di città consegnati alla speculazione e all’abbandono, luoghi negati oggi al pubblico perchè un domani ne possa approfittare il privato.

Nel nostro giovane girovagare tra uno sgombero e l’altro abbiamo imparato tra le altre cose due semplici costanti. Che il comune sta svendendo tutto. Che le banche e i magnati della moda si stanno mangiando Milano.

Poco male, da questa altezza pisciamo in testa a tutti e tre.

<<< Sabato, dopo tre giorni di mobilitazione e resistenza abbiamo abbandonato via Savona 18, sotto sgombero da 72 ore, e abbiamo occupato una stamperia con case padronali vuota da trent’anni in zona Paolo Sarpi. Faremo di questo luogo una base comune in cui continuare ciò che abbiamo iniziato. Non temiamo sgomberi, la città è grande e la nostra determinazione lo è ancora di più. >>>

Un grazie di cuore a tutti coloro che ci hanno sostenuto in questi giorni, a tutti coloro che continueranno a farlo e che serberanno con loro un pezzo di questa esperienza. Veniteci a trovare, vi accoglieremo.

Un gran vaffanculo a chi è contento di essere tornato a veder marcire la bottiglieria.

Ci rivedremo presto.

La gente come noi non molla mai.

stamperia occupata


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